150 anni: monsignor Sorrentino
“Il Serafico è uno straordinario modello del prendersi cura”. Monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi-Gualdo Tadino-Nocera Umbra e Foligno, racconta lo spirito dell’Istituto
L’Istituto Serafico è un fiore all’occhiello della comunità ecclesiale. Nel maggio scorso, il Santuario della Spogliazione ha voluto attribuirgli il Premio “Francesco d’Assisi e Carlo Acutis per un’economia della fraternità”, riconoscendo che in esso si ritrovano non soltanto valori di grande professionalità al servizio dei disabili, ma soprattutto uno straordinario modello del “prendersi cura”.
Io stesso ho voluto dedicare all’Istituto, in occasione di questo Giubileo, un piccolo saggio poetico (“Le tre balze di sorella povertà”), facendolo illustrare dai ragazzi del Serafico. Questi sono stati collaboratori straordinari, veri “maestri dell’essenziale”. I loro disegni parlano forse più dei miei versi. Nei loro colori e nelle loro forme emerge, in qualche modo, il piccolo-grande mondo del nostro Istituto, dove si vive come in una famiglia con le braccia aperte senza confini.
Quando, nel lontano 1871, San Ludovico da Casoria sentì una chiamata a occuparsi dell’educazione e dell’istruzione dei bambini ciechi e sordomuti, vide in loro non solo delle esistenze ferite da soccorrere, ma anche una grande risorsa per la società. La sua era una carità non limitata all’assistenza, ma generativa, volta a valorizzare al meglio le persone, anche quelle da tanti considerate ai margini. Fu il superamento di quella che oggi Papa Francesco stigmatizza come “cultura dello scarto”. Cosa che, nell’odierna sensibilità, ci sembra scontata (ma quanto, concretamente?), e che invece, all’epoca, fu una vera rivoluzione, dato che i bambini ciechi e sordomuti non avevano neppure accesso all’istruzione. Oggi quell’intuizione si è allargata a tante altre disabilità, molto più gravi, ma il concetto è lo stesso.
Il Serafico nacque contando sul “capitale della fraternità”. San Ludovico cominciò infatti senza l’ombra di un quattrino, ma fiducioso nella divina Provvidenza e nella bontà di tanti cuori. Ancora oggi, per finanziare la sua opera, al di là dei contributi pubblici, conta su una vasta rete di solidarietà. Senza di essa non si andrebbe avanti. “Prendersi cura” è il programma del Serafico. È impegno costante per la dignità della persona umana, di ogni persona, indipendentemente alle sue possibilità e caratteristiche. È affermare che la persona, anche quando risulta limitata nelle sue capacità sensoriali e intellettive, è un soggetto titolare di diritti sacri e inalienabili. Affermazione radicata nella coscienza universale prima ancora di ogni costituzione e legislazione positiva.
Al Serafico si sente che ogni pur piccola conquista nel progresso sensoriale, fisico e intellettivo dei ragazzi è una conquista dell’umanità. Si bada alla salute fisica, ma anche a quella psichica e spirituale. Sia quanti svolgono il lavoro di cura, sia coloro che ne sono i fruitori, sono insieme custodi della vita e portatori di speranza. Per questo il modello operativo del Serafico va ben oltre l’atto sanitario e assistenziale: si cala all’interno di una relazione. Conta la professionalità, ma anche e soprattutto il cuore. Contano i gesti che esprimono l’amore per l’altro, diventando sguardo che riconosce, mano che stringe quella della persona fragile per essere “con” lei, per sostenerla nel cammino facendosi quasi una sola cosa con lei. Anche la persona con i maggiori limiti può essere accompagnata a vivere una vita piena, secondo le sue possibilità. L’Istituto Serafico si presenta così non solo come Centro di riabilitazione in senso sanitario, ma anche come laboratorio di umanità e di cittadinanza. Vi si difende ed anzi vi si “canta” la vita. La si vuole custodita fin dal suo sbocciare. È già nel grembo materno che bisogna rifiutare di distinguere la vita abile e quella disabile, come se solo la prima fosse degna di essere accolta e vissuta. La vita è preziosa per sé stessa.
Il Serafico è per la Diocesi un luogo simbolo, dove la vita cristiana può trovare ispirazione per una piena fedeltà al Vangelo. Per questo ho voluto che, in questo luogo della fragilità amata, fossero presenti due momenti chiave della vita ecclesiale: la preghiera, attraverso l’adorazione eucaristica quotidiana, e l’educazione all’impegno sociale, attraverso la Scuola socio-politica Giuseppe Toniolo. La prima istanza, quella contemplativa, richiama i fondamenti stessi della vita, che viene come dono dal “Dio della vita”. La seconda, quella attiva, sta a dire che non si costruisce una vera democrazia, una economia solidale, una politica attenta al bene comune, se non si mettono al centro i più deboli. Quindici anni or sono, facendo il mio ingresso pastorale ad Assisi, volli partire dal Serafico. I suoi ragazzi furono i primi a darmi il benvenuto e sono rimasti i primi nel mio cuore. Mi trovai subito a casa e mi commossi al sentire il loro affetto. Si è commosso tra di loro anche Papa Francesco, quando nel 2013 ha fatto all’Istituto una visita che ci resta nel cuore e che abbiamo in programma di ricambiare.
Promuovere la festa dei 150 anni per la Diocesi è espressione di affetto e gratitudine per quanti costituiscono la grande “famiglia” del Serafico: i ragazzi con le loro famiglie, gli operatori, gli amministratori, i benefattori. L’augurio è che questo traguardo giubilare sia un nuovo trampolino di lancio per un servizio e una testimonianza che facciano breccia nella società, offrendo alle istituzioni pubbliche un ulteriore motivo di attenzione a quest’ambito del bene comune, e spingendo tutti a sentimenti di bontà e solidarietà.